
Parliamo di
Benga e parliamo ancora
dubstep di alto livello (dopo
Burial e
Shakleton su tutti). Bassi che pompano come nella migliore tradizione, batterie minimali costruite con un perizia tecnica che sfiora il perfezionismo unito ad un calore che solo un combattente africano può produrre. Uno step (forse dovremo dire un dubstep) più in alto rispetto a
Burial, a lato rispetto
Shakleton, quella di
Benga non è musica solo per pomeriggi londinesi ma anche per estenuati afterhour sulle spiagge del Kenya più selvaggio. Elettronica e tribalismo, progresso tecnologico condito con sgargianti colori africani, batterie elettroniche e sinth liquefatti sotto il sole schiacciante del continente nero.
La sua è musica priva di sbavature,
Benga ha un grande controllo dei suoni, niente è di troppo o eccessivo, nel suo lavoro traspare un ammirabile senso della misura, un equilibrio ricercato e trovato muovendosi vicino all'orlo del caos, senza mai sbilanciarsi troppo.
Benga è un funambolo della ritmica senza sfoggi di bravura fine a se stessi e inutili virtuosismi. In questo ci ricorda la tecno minimale di
Villalobos, ricerca del suono e senso della misura. Il necessario e niente più.
Benga è il ponte che unisce l'occidente, l'ansia metropolitana, il progresso e la ragione con il terzo mondo creativo, colorato e sorridente.
Due brani rappresentativi della sua estetica nel player qui sotto!
Benga myspace